L’ ora illegale

 

Se un lettore un po’ fiscale chiedesse troppi dettagli su questo episodio, chi lo riferisce potrebbe trovarsi in imbarazzo. Inoltre, non è detto che l’ intero 24° corso si riconosca nella vicenda; infatti, le avventure dei suoi protagonisti (li chiameremo ”Quelli”) erano risapute ma l’ identità degli autori era nota solo a pochissimi e la massa poteva solo favoleggiare sulle loro gesta. Tuttavia, pensando che la vicenda meriti un ricordo e confidando nella prescrizione di fatti eventualmente rilevanti, si attribuisce la leggenda a fonte anonima e si procede con la narrazione.

 

Un giorno una delegazione di cadetti di un’ accademia straniera giunse in visita a Modena. Gli allievi destinati ad accogliere e scortare gli ospiti erano stati accuratamente scelti ed indottrinati affinché offrissero la migliore immagine possibile di sé e dell’ Istituto. I Quadri auspicavano che gli ospiti restassero a contatto con i soli colleghi che dovevano prendersene cura (’’vasetto e pittura, carriera sicura’’) ma, di fatto, blindarli non era possibile.

 

Infatti la visita aveva incuriosito tutto il corso e, nel tempo libero, una folla di allievi si avvicinava agli ospiti con la naturalezza e la spontaneità di una colleganza pur trans-frontaliera e familiarizzava facilmente con essi. In particolare, un certo gruppetto (’’Quelli”, appunto), pensando che perdere un’ occasione così preziosa sarebbe stato imperdonabile, decise di tastare il polso agli ospiti e valutare se fossero meritevoli di vivere qualche momento non proprio protocollare ma, di certo, memorabile. Appurati non solo i loro meriti ma anche la disponibilità, Quelli diedero l’ avvio alle macchinazioni del caso per coinvolgere gli ospiti in una delle loro solite bravate ed arricchirne la visita con un’ esperienza del tutto particolare.

All’ ora convenuta, nel cuore della notte, si misero all’ opera: alcuni sbucarono dal nulla portando un robusto quantitativo di cibarie e bevande che fino a poco prima potevano trovarsi solo nelle cucine, altri contribuirono con prelibatezze sbucate dal segreto dei loro armadietti, altri ancora scortarono il drappello incuriosito degli ospiti ed altri, infine, si misero ad armeggiare intorno alla serratura di una certa porticina per intrufolarsi, aprendo la via al gruppetto che seguiva in silenzio, nel pertugio che adduceva alla torre dell’ orologio.

Solo il riverbero dei lampioni

stradali (molte decine di metri più sotto) faceva filtrare un po‘ di chiarore attraverso le anguste finestrelle delle soffitte. Attenta a non tradirsi, la pattuglia bi-nazionale iniziò a salire quelle scale di legno vecchie, cigolanti e scivolose, disturbando solo il sonno dei colombi che abitavano e riempivano di guano abbondante i sottotetti.

 

Raggiunta la torretta che sostiene i quadranti interno ed esterno dell’ orologio, il banchetto fu presto allestito. Lo strano ricevimento procedeva allegro fra chiacchiericci sommessi, risate soffocate, cibo reso più succulento dal gusto del proibito, libagioni generose, complicità che sempre più diventava confidenza. Insomma, la circostanza era molto più divertente delle tante altre simili - ma di livello banalmente nazionale - a cui Quelli amavano dar vita. Bevi tu che bevo io, improvvisamente uno degli allievi ospiti (si sa che poi diventò poi un brillantissimo Ufficiale paracadutista) fece per sporgersi da una delle due finestrelle laterali farfugliando che voleva misurare la lunghezza delle lancette e solo la prontezza di uno di Quelli, che riuscì a trattenerlo appena in tempo, evitò che emulasse Icaro atterrando molto velocemente sul selciato della piazza.

Un fiotto di sudore freddo convinse tutti che avevano già osato troppo e il ’’party’’ fu rapidamente concluso. Il drappello prese la via del ritorno ed iniziò scendendo nella soffitta inferiore. All’ improvviso, si udì prima un sinistro cigolio di ruote dentate e poi due assordanti rintocchi di campana. Reprimendo un accesso di risa nervose, la pattuglia si affrettò verso l’ uscita che si trovava presso una delle bocche di lupo affacciata sul cortile d’ onore. Con sorpresa i nostri eroi videro laggiù l’ Ufficiale di Picchetto (il famigerato Nembo Kid, già citato altrove) che si accingeva a sincronizzare il proprio orologio con quello della torre. Come un sol uomo, tutti tornarono rapidissimi verso la campana, afferrarono il tirante del martello e gli fecero battere un terzo colpo. Nembo Kid alzò sconcertato lo sguardo verso il quadrante della torre, poi scrutò il proprio orologio, ancora il quadrante ed infine, scuotendo perplesso  il capo, si avviò alla volta della sua stanzetta.

 

E’ praticamente certo che quelle ore due, di notte, scandite da tre tocchi, siano state l’unica "ora illegale" mai segnata dall’ orologio dell’ austero Palazzo.

 

 

 

 

 

ultimo aggiornamento:15/03/2008 12.37 by PdeW