Prima dell’
inizio della cerimonia, il brusio degli ospiti lassù e
quello degli allievi pronti nel cortile Giulio Cesare si
facevano eco a vicenda. Gli Ufficiali di inquadramento,
inconsueti nelle loro uniformi storiche così simili alle
nostre e così diverse per la quantità di ornamenti del
grado, si aggiravano fra gli allievi sorridendo,
richiamando, raccomandando, stemperando la tensione con
qualche battuta qua e là.
Poi, la
tromba dell’ adunata, il veloce afflusso in cortile
accompagnato solo dallo scalpiccio di centinaia di scarpe
col tacchetto metallico, la subitanea immobilità di uno
schieramento perfetto, la sequenza degli ordini riecheggiati
dalle volte del colonnato ed intervallati dai segnali di
tromba, fino alla declamazione della formula:
’GIURO DI
ESSERE FEDELE ALLA REPUBBLICA ITALIANA E AL SUO CAPO, DI
OSSERVARE LEALMENTE LE LEGGI E DI ADEMPIERE TUTTI I DOVERI
DEL MIO STATO AL SOLO SCOPO DEL BENE DELLA PATRIA.
ALLIEVI DEL
149° CORSO, LO GIURATE VOI?’
All’
unisono, il tuono del ’’LO GIURO!’’ fu la risposta sgorgata
dai nostri petti, subito seguita dalle note dell’ inno
nazionale che si mescolavano all’ applauso dei familiari ed
al nostro stesso batticuore.
Ampollosa
retorica? Forse lo è per qualcuno, che avrà pure i suoi
rispettabili motivi. Per noi era, e tuttora è, lo stigma
della condizione che avevamo scelto, che abbiamo cercato di
onorare negli anni e che da quel momento continuiamo a
sentire irrevocabilmente nostra.
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