Breus

 

’’Spada, se hai vinto; croce, se sei vinto’’, scrive Giovanni Pascoli mettendo in poesia l’ antica leggenda bretone del bimbo che si spaventa incontrando il cavaliere Breus, imponente in sella e minaccioso nella sua armatura. Gli chiede cosa sia l’ oggetto che gli pende dal fianco (la spada, mai vista prima) e riceve questa risposta. Altrettanto esattamente, la definizione di ’’spada’’ o ’’croce’’ si attaglia agli armadietti dell’ Accademia. Quelli di circostanza erano in tutti gli spogliatoi della piscina e delle palestre ma il più importante si trovava in camerata.

È da osservare che, se l’ abitudine a tenere in ordine le proprie cose è un insegnamento impartito fino dalla più tenera età, è anche vero che ad alcuni è congeniale mentre ad altri richiede non pochi sforzi. Nei casi estremi raggiunge la mania oppure, all’ opposto, degenera nel caos. Dato per scontato che nessuno dei Quadri, instancabili nel proposito di formare il carattere degli allievi, potesse trascurare un elemento importante come l’ ordine, non è tuttora chiaro se il loro obiettivo fosse del tipo maniacale; di certo, però, nessuno di essi tollerava la benché minima devianza.

 

In quel contesto, dovendo cambiare spesso uniforme e luogo di addestramento, sarebbe stato inimmaginabile che gli allievi non disponessero di uno spazio adatto a sistemare in ogni situazione le proprie cose (e questa, nell’ allegoria, è la Spada di Breus). Tuttavia la fretta ed anche l’ indole non permettevano sempre di rispettare i canoni ufficiali nel piegare come prescritto i vari capi di abbigliamento ed impilarli secondo la loro prevista successione (il che, invece, è la Croce).

 

l Comandanti di Plotone, affettuosamente al seguito dei loro allievi ogni volta che questi andavano su e giù per le funi, nuotavano, ruzzolavano nella pula, si scambiavano sciabolate, venivano sbatacchiati sul tatami o si davano comunque da fare in qualche altro modo, approfittavano di queste occasioni per esplorare gli armadietti. L’ esito era presto noto ed anche scontato: la tabella puniti di Compagnia informava di lì a poco (e spesso) che gli Allievi Verdi e Bianchi erano stati puniti con un po’ di giorni di consegna per ’’Armadietto della palestra (piscina, sala di scherma, ecc.) in disordine’’.

 

Più difficile ancora era il rapporto con l’ armadietto in camerata. La disposizione di ogni cosa era religiosamente prescritta e le tante fotografie appese in camerata (che spreco di risorse!) la illustravano senza equivoco. L’ uniforme storica andava sistemata qui, lì la scatola del chepì e quella dello spadino, poi le bretelle, le uniformi da truppa e così via. Il cassetto grande, visto in pianta, era un capolavoro di incastro: a destra (o sinistra, chi lo ricorda più?) i fazzoletti piegati in otto, poi le calze kaki e quelle nere, le varie camicie, i pigiami, i ’’mutandoni tattici’’ e così via fino alla saturazione dello spazio. L’ unico recesso non censurabile era il cassetto personale, tuttavia, la generosità dimostrata nel concederne il libero utilizzo cozzava con le sue anguste dimensioni ed anche sussisteva il sospetto che venisse comunque violato.

 

In più di qualcuno, pur dopo quarant’ anni, il fatto che i Comandanti di Plotone avessero una copia delle chiavi e potessero servirsene per ficcare il naso nelle cose degli allievi lascia immutato il disagio per la privazione quasi totale dell’ intimità di allora. Non che si intendesse nascondere chissà quale segreto (tutt’ al più qualche ’’genere di conforto’’ portato da casa o una torta Saint Honoré misteriosamente arrivata dalla cucina) ma già il solo pensiero che, mentre si passava tutta la giornata altrove alle prese con prove non sempre facili qualcuno andasse a rovistare nell’ armadietto, era irritante.

 

La caccia alla polvere sul cielo dell’ armadietto fino agli angoli del gancio ribaltabile era un altro esercizio ricorrente dei Comandanti di Plotone. Uno di essi (più sadico di altri) amava praticarla al cospetto dell’ indagato e calzando un guanto bianco fornito dallo stesso allievo che poi, alla prima libera uscita, veniva inesorabilmente trafitto con un secco:

 

’’Guanti sporchi, si accomodi’’.

 

ultimo aggiornamento:13/03/2008 18.31 by PdeW