altri allievi, lottassero contro il freddo nei rigidi
inverni modenesi e contro il caldo quando l’afa estiva si
faceva soffocante. Lottavano, poi, contro i loro capelli che
fra l’ intervallo del mattino (in cui erano pure stati ben
potati da Napoleone) e l’ ora dell’ adunata per la libera
uscita crescevano così rapidamente che, più spesso del
contrario, essi erano scartati. E, se non era per i capelli,
era per la polvere da qualche parte, o per le scarpe o per i
guanti, ecc..
Lottavano poi contro la noia dello studio, contro la
malasorte di un’ interrogazione a sorpresa, contro gli
stormi di paduli in picchiata, contro il fucile sporco e
contro molto altro ma, soprattutto, lottavano contro i morsi
della fame che ormai nel pieno del loro secondo anno li
aveva ridotti pelle e ossa.
Un saggio detto insegna che la necessità aguzza l’ ingegno e
questo valse anche per i nostri. Per farla breve, essi, con
le budella attorcigliate per la fame, si incontravano spesso
nei pochi momenti liberi e sempre più si commiseravano a
vicenda per le loro acute sofferenze. Un bel giorno -
secondo l’ altro detto per cui l’ unione fa la forza - i
nostri decisero che era indispensabile uscire dall’ impasse
e, detto fatto, passarono all’ azione.
Nella notte successiva cercarono (e trovarono) una via ’’ufficiosa’’
per entrare nelle cucine e ne riemersero carichi di ogni ben
di Dio. Cercarono poi (e, di nuovo, trovarono) il modo di
accedere alla famigerata Aula 33. La ispezionarono con occhi
nuovi e decisero che poteva essere un ritrovo occulto
ideale: infatti era diametralmente opposta alle camerate e
per di più riscaldata. Pregarono infine che una congiunzione
astrale favorevole consentisse loro di andare presto in
libera uscita; trovata anche questa in tempi
sorprendentemente brevi, si incamminarono decisi verso il
negozio dell’Unione Militare in via Farini dove uno di essi
acquistò a rate un rutilante tostapane doppio.
Poche libere uscite furono così brevi. I nostri, con l’
anima gonfia di orgoglio per l’ eccitante bravata e l’
acquolina in bocca per l’ imminente banchetto, rientrarono
subito e - dopo aver ritualmente strusciato il naso del
mascherone - tornarono rapidamente in camerata per darsi
appuntamento di lì a poco in Aula 33. La fame era così forte
che qualcuno neppure si cambiò tant’ è che si diede da fare
assieme al resto del gruppetto intorno ad immensi insaccati,
vasi di salse, barattoli di olive, prolunghe elettriche e
taglieri di circostanza (la cattedra e la lavagna luminosa)
ancora impeccabile nella divisa storica. |