L’ infermeria
Le due
formazioni si fronteggiavano.
Da un lato,
diverse persone in camice bianco maneggiavano con studiata
lentezza enormi pennelli intrisi di tintura di iodio e
siringhe grandi - se la memoria non inganna - come pompe da
bicicletta. Il loro ghigno cinico rivelava senza dubbio la
superiorità che la situazione conferiva loro e lasciava
intuire che essi, palesemente avvezzi a quel gioco da tempo
immemorabile, per nulla al mondo si sarebbero lasciati
sfuggire quella ulteriore occasione.
Dall’ altro
lato, un gruppo di aspiranti-allievi a torso nudo, stretti
l’ uno all’ altro. Perfettamente allineati si guardavano
intorno con mal dissimulata preoccupazione, ben consapevoli
che ogni via di fuga era loro preclusa anche per la presenza
attenta del Comandante di Plotone che approfittava di quella
occasione prelibata per meglio conoscere i suoi rampolli.
Questi, presi fra due fuochi, cercavano (senza però
dimostrarsi molto convincenti), di ostentare un misto di
sicumera e stoicismo ed alcuni furono addirittura osservati
mormorare giaculatorie a fior di labbra.
Di lì a poco,
l’ offensiva si scatenò. I pennellatori sfilarono rapidi ed
efficienti davanti alla fila inerme degli aspiranti,
cospargendo il loro petto con una generosa dose di tintura
maleodorante. Altri Camici-Bianchi, subito di seguito,
piantavano aghi al centro della chiazza marrone ed
iniettavano un liquido denso e misterioso. Gli aspiranti,
rassegnati, stringevano i denti e speravano che quel momento
passasse in fretta, certi che nella vita c’è di peggio ed
anche confortati dall’ idea che, comunque, l’ essere
esentati da corse ed altro per tre giorni sarebbe stato un
compenso più che congruo. Non mancarono momenti di colore:
per esempio, un certo aspirante si mise a correre
terrorizzato per ogni dove e dovette essere prima inseguito,
poi agguantato ed infine immobilizzato per essere quindi
sottoposto al trattamento nonostante strillasse come un’
aquila ed alla fine perdesse i sensi. |