Il Mak π
Il Mak π rappresentò uno dei momenti più belli del biennio,
sia per la sua ormai prossima fine (a meno di incidenti agli
esami) sia per la Serata di Gala ai ’’piani alti’’ del
Palazzo, a cui presero parte gli allievi con i genitori, le
fidanzate, le debuttanti ed … Ornella Vanoni. Ritenendo che
per ciascuno le sensazioni di quella giornata avessero e
tuttora conservino un carattere personale, si preferisce
evitare di restringerne la descrizione in un’ olografia
collettiva che risulterebbe poco fedele. Sembra invece il
caso di riproporre qualche curiosità (che, forse nota a
molti in quegli anni, nel tempo potrebbe essersi diluita
nella memoria) ed anche qualche nota di colore.
La tradizione del Mak π ebbe origine nel 1840 presso la
Reale Accademia Militare di Torino. In quell’ anno il Re
emanò un decreto che prolungava a tre anni la durata dei
corsi per la nomina a Sottotenente. Nell’apprendere tale
disposizione, l’ allora allievo Emanuele Balbo Bertone di
Sambuy (turbato dall’ imprevista prospettiva di lunghi
studi) esclamò con un pizzico di ironia reso ancora più
colorito dal marcato dialetto della sua terra: ’’Mac pi tre
anni!”, ossia ’’Mancano solamente tre anni!”. |
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Per la cronaca, il citato allievo apparteneva ad una nobile
casata piemontese - discendente da Filippo ’’il Bello’’ di
Valois - che fu prodiga di gloriosi uomini d’ arme, sia fra
gli avi di Emanuele sia fra i suoi successori (uno di essi,
il Generale Samuele Balbo Bertone di Sambuy, venne deportato
nel Lager polacco di Shokken nel 1943 e freddato dalle SS
due anni più tardi durante una marcia di evacuazione).
La scanzonata ed estemporanea espressione ’’Mak π’’
divenne subito popolare e gli allievi presero l'abitudine di
tenere un conto a scalare del tempo, scrivendo i giorni che
mancavano alla promozione persino sulle lavagne delle aule.
Essa divenne così la forma gergale tipica, tramandata da un
Corso all’ altro, usata dagli allievi per rimarcare il
progressivo approssimarsi della conclusione dell’ iter
formativo.
Nel 1891 l’usanza si trasferì da Torino all’ Accademia
Militare di Modena (e, da lì, nel resto |
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delle scuole militari) trasformandosi da ricorrenza
semplicemente goliardica in una vera e propria ricorrenza
istituzionale. Nel tempo, il periodo residuo da considerare
significativo in attesa della nomina si è progressivamente
ridotto fino a stabilizzarsi in 100 giorni e quindi a
trasformarsi nell’ odierna espressione Mak π 100.
I due momenti tradizionalmente principali sono la cerimonia
del ’’Passaggio della Stecca’’ (riproduzione a scala gigante
dell’ assicella usata anticamente per lucidare i bottoni
dell’ uniforme senza sporcarla) tra il capocorso degli
"anziani" e il capocorso dei "cappelloni" ed una serata di
gala che culmina con il Ballo delle Debuttanti. Inoltre,
fino al 22° corso, gli allievi si esibivano in una Parata
Militare alla presenza dei familiari e di personalità. Erano
invitate anche diverse delegazioni di Accademie straniere
ed, in occasione delle cerimonie analoghe che si svolgevano
presso queste ultime, alcuni allievi di Modena restituivano
la cortesia.
A questo proposito, con assoluta cognizione di causa si
riferisce della visita alla Royal Military Academy di
Sandhurst da parte di quattro allievi italiani debitamente
scortati da un tenente che, per questioni familiari, poteva
essere considerato di madrelingua albionica. All’ arrivo, i
quattro ospiti furono sistemati ciascuno in una confortevole
camera singola (del tutto uguale a quella dei colleghi
locali) e, già per questa differenza rispetto ai cameroni da
trenta e più di Modena, non stavano nella pelle. |
La sera si svolse un elegante ricevimento al circolo allievi
dove lo sherry scorreva a fiumi (la cui piena però travolse
presto molti dei colleghi locali e li stese sui vari divani
fino al mattino). Il giorno successivo, subito dopo la
sveglia, un impeccabile sottufficiale si presentò con
quattro corredi da combattimento completi di tutto (fucile
FN compreso) e li porse agli ospiti italiani che, commossi
dal gesto, furono certi che si trattasse di un grazioso
omaggio anche se l’ arma faceva sorgere qualche perplessità.
Prima ancora che i nostri potessero compiacersi l’ uno con
l’ altro, comparve il ’’qualificato’’ della compagnia ospite
informando che di lì ad un’ora, pulizia personale e
colazione compresa, i colleghi italiani erano invitati ad
unirsi ad un’ esercitazione. Il loro compiacimento si
ridusse un po’, al ricordo che i colleghi Britannici in
visita a Modena un mese prima erano stati scarrozzati solo
in luoghi di piacere quali ristoranti, teatri e ridenti
località del circondario. Comunque, dato che ’’noblesse
oblige’’ e che nulla è più nobilmente vincolante dell’
ospitalità, i quattro si trasformarono rapidamente in
militari britannici non senza ammirare l’ accuratezza con
cui le loro misure e taglie erano state prese, per di più ad
occhio ed a loro insaputa. Peraltro, conservavano ancora la
convinzione quasi certa che, così travestiti, avrebbero
dovuto semplicemente assistere ad un atto tattico svolto dai
colleghi locali per ammirarli nel comfort di un osservatorio
con poltrone, tazze di tè fumante e pasticcini.
Ma, si sa, la realtà supera la fantasia. Una volta giunti in
poligono, essi furono inquadrati in quattro diversi plotoni
ed ebbero la chiara sensazione che il destino non li voleva
spettatori ma attori. Per farla breve, provarono il brivido
di scavare postazioni nel duro suolo della Piana di
Salisbury, di organizzare a difesa un caposaldo, di subire
un attacco nemico dopo una giornata e più sotto la pioggia
in una tana angusta, di compiere una perfetta manovra in
ritirata per poi attestarsi e contrattaccare il nemico che -
grazie al loro valore - volse allora e tuttora volge in
rotta. Se la letteratura sulla simpatia britannica non è
univocamente favorevole ai cugini d’ Oltremanica, quell’
episodio alimentò di parecchio le riserve.
All’ indomani, seguì una splendida gita in battello sul
Tamigi a premessa della cena di Gala e del Gran Ballo. I
sudditi di Sua Maestà avevano pensato (dimostrando di nuovo
grande senso dell’ ospitalità) di offrire ai nostri quattro
la compagnia di altrettante allieve della Scuola Militare
per Crocerossine. Per la verità non si trattava di fanciulle
da capogiro ma a caval donato (o comunque disponibile) non
si guarda in bocca. Quindi i quattro pavoni, inebriati dalle
prospettive che la certezza del loro fascino latino
autorizzava, aprirono la ruota e misero in atto tutte le più
sottili armi della seduzione. |
Da subito la cosa prese una piega più che promettente
finché, a mezzanotte - fatidica ora della scarpina - le
quattro allieve si ritirarono per incipriarsi il naso.
Ricomparse di lì a poco, erano diventate legnose come
zitelle ed apparivano determinate a precludere ogni più
naturale prosieguo nelle relazioni intraspecifiche. Le
macchinazioni dei nostri continuarono strenue quanto vane
fino alla livida alba, quando le quattro fanciulle assieme
alla Tenente Crocerossina che le |
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aveva scortate (e che sembrava ancora più zitella di loro)
svanirono per sempre a bordo di un tetro pulmino militare. |
[Per gli amanti del calcio: Inghilterra-Italia, quattro a
zero]. |
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ultimo aggiornamento:15/03/2008 17.31
by PdeW
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