Geppo

 

Non solo i personaggi di rango avevano l’onore del nomignolo ma anche qualche allievo riusciva a guadagnarsene uno. Ad esempio, un certo collega fu amabilmente denominato Geppo perché - secondo alcuni - assomigliava all’ omonimo personaggio uscito dalla penna di Giovan Battista Berti assieme all’ impareggiabile Nonna Abelarda e tanti altri.

 

Tuttavia, la somiglianza a Geppo era solo una condizione necessaria; a meritargli appieno il diritto al titolo furono il suo perenne buonumore, la sua simpatia e la sua capacità di affrontare con un contagioso sorriso la vita quotidiana negli austeri palazzi. E, per un beffardo gioco del destino, fu proprio l’amico Geppo che dovette vedersela - in una certa occasione di vita reale e non solo in un giornalino a fumetti - con la ’’nostra’’ Nonna Abelarda.

 

Un giorno, sul finire del pranzo, Geppo stava giocherellando con qualche briciola di pane in attesa del rituale ’’Ritti’’. La tentazione fa dell’ uomo qualunque cosa e nella fattispecie fece di Geppo un artigliere, anche se le sue aspirazioni (poi realizzate brillantemente) erano orientate alla fanteria. Più precisamente, egli trasformò un cucchiaio in una catapulta di circostanza ed iniziò a lanciare palline di mollica all’ indirizzo di un preciso collega seduto due o tre tavoli più in là.

 

Si sa che il tiro richiede un aggiustamento metodico ed anche Geppo, dopo i primi tentativi variamente imprecisi, era ormai arrivato al punto di poter colpire esattamente il suo obiettivo. Appallottolò quindi con cura un altro proiettile di mollica, armò la catapulta-cucchiaio ed eseguì il lancio. I compagni di tavola seguirono con sguardo divertito il primo arco di traiettoria della pallina ma trasecolarono all’ improvviso quando si accorsero che essa, ricadendo lungo il secondo, sarebbe stata intercettata dal cranio lucidissimo dell’ Ufficiale di servizio (vero artigliere e dotato da madre natura di un cipiglio severissimo).

 

Sentito che un vago ordigno gli era caduto sul capo, il Tenente si voltò di scatto; poi - maestro nella balistica - interpolò facilmente la traiettoria ed individuò subito il punto-origine. Tuonò un ’’Chi è stato?’’ ed, ottenuta la leale ammissione del responsabile, gli prospettò seccamente un futuro di dolore.

 

Nell’ intervallo dopo le lezioni del pomeriggio, Geppo fu convocato dal proprio Comandante di Plotone (Fagiolino) e tradotto davanti a quello di Compagnia (Spuntone di Roccia). Questi, con voce tesa, disse solo <<’l Comandante de Battagliòooone la vuòle vedèeere>>; la solita inflessione dialettale - tante altre volte simpatica e divertente - in quella circostanza rese il comunicato ancora più fosco. I tre si incamminarono quindi verso l’ ufficio della Nonna ed introdussero Geppo al suo cospetto. Fagiolino, da buon diavolo qual era, sussurrò al malcapitato ’’Non dica niente, se no aggrava la sua situazione’’ e si dispose al suo fianco da un lato mentre dall’ altro stava Spuntone. Nonna Abelarda troneggiava dietro la scrivania con i soliti sguardo d’ acciaio e mento fremente; accanto a lui, torvo, il Tenente colpito nel suo orgoglio molto più che sul cranio.

Nonna Abelarda apostrofò il meschino con un ’’Lei è impazzito?!’’ ed egli, memore del monito ricevuto, non aprì bocca. Nonna incalzò con piglio più deciso: ’’Lei fra qualche mese sarà Ufficiale; pensa di lanciare palline di pane anche a Torino?’’

 

Geppo, conscio della mala parata ma incapace di drammatizzare, sentì la propria voce che rispondeva sommessa e rispettosa ma ferma: ’’Signornò, Signor Colonnello; a Torino non sarò più Allievo Ufficiale ma Ufficiale Allievo. Forse lancerò pagnotte.’’

 

Nonna Abelarda impietrì, serrò le labbra in un filo livido e con voce convulsa ingiunse ai due angeli custodi del misero: ’’Portatelo via!!...’’

 

Come d’ uso da quelle parti, l’ episodio fu bonificato con sette solenni giorni di camera di punizione di rigore e passò definitivamente alla storia.

 

 

 

ultimo aggiornamento:12/03/2008 13.51 by PdeW