Chi Fa da Sè

Sicuramente promosso dai Quadri perché funzionale ad una futura compattezza ma di certo germogliato anche spontaneamente fra colleghi consci di trovarsi sulla stessa barca, il cameratismo fu uno dei valori di cui si scoprì rapidamente l’ importanza. La molla principale fu il fatto di trovarsi tutti ed indistinti di fronte al comune ’’nemico’’ costituito dall’ universo degli Ufficiali di inquadramento, dei Qualificati, degli Anziani Generici Medi, degli insegnanti, dei cavalli con i relativi istruttori e così via, tanto da far nascere quello specifico ’’senso del noi’’ che ben presto cominciò a connotare il corso e tuttora costituisce il sentimento condiviso dalla gran parte di coloro che ne hanno fatto parte.

La conoscenza divenuta man mano confidenza, la frequentazione costante diventata dimestichezza, l’ amicizia nata di conseguenza ed ancora la piccola complicità - ma, in certe circostanze, anche grande - erano i sostegni a cui tutti sapevano di potersi appoggiare quando la determinazione sembrava vacillare o, simmetricamente, da offrire a chi ne manifestasse l’ esigenza. Per esempio, fu questo il legame naturale che consentì a qualcuno di imparare materie ostiche, grazie alle ripetizioni date nelle ore libere da un collega generoso e più versato.

Ad altri permise di chiedere un permesso in una occasione importante grazie alla rinuncia - necessaria, data la costrizione dei numeri - da parte di chi se lo meritava magari anche di più ma ne aveva soltanto il desiderio. Qualche anno più tardi - ma lo spirito non era cambiato - indusse un gruppetto ben in forma a sospingere altri colleghi che stentavano nella prova finale dei 5000 metri al corso di ardimento aiutandoli così a concluderla anche a costo di rallentare a scapito della graduatoria.

Esistevano tuttavia circostanze in cui si sentiva di dovere vedersela a tu per tu con sé stessi. Erano i momenti in cui il pudore e l’ orgoglio frenavano l’ istinto di piagnucolare sulla spalla del primo capitato a tiro, o quando l’ amor proprio spingeva a misurarsi con la difficoltà e cercare la via d’ uscita necessaria nel frangente e da capitalizzare per il futuro.

Un insuccesso negli studi non era cosa rara e pesava ancora di più quando la preparazione era stata scrupolosa. Ugualmente, una certa punizione poteva bruciare anche molto, soprattutto se precludeva una libera uscita o un permesso particolarmente preziosi. Un cazziatone particolarmente robusto, per di più rifilato in pubblico e condito da sarcasmo mortificante, lasciava una cicatrice lunga a rimarginarsi.

In circostanze di questo tipo, fare proprio il motto ’’divorare lacrime in silenzio’’ sembrava fuori luogo per l’ ovvio rispetto dei sacrifici anche estremi a cui esso si ispirava ma, tutto sommato, la sostanza della cura non era molto diversa. Allora, la giornata scorreva apparentemente come tante altre pur se il cuore era stretto per l’ amarezza che lo pervadeva e lo sconforto che sembrava insuperabile.

Manca la verifica del contrario perché quella è la sola esistenza che abbiamo vissuto ma è difficile negare che proprio queste esperienze, così particolarmente significative e specifiche del nostro stato di allora, abbiano contribuito a renderci capaci di affrontare con adeguata fortezza la professione e - perché no - la vita in generale.